I rapporti diplomatici tra Italia e Russia risalgono all’Unità di Italia e quelli sociali addirittura a 500 anni fa. Due popoli che si rispettano da sempre con una naturale propensione alla collaborazione culturale, artistica e scientifica prima ancora che economica. C’è più Italia nei musei di Mosca e San Pietroburgo e nelle accademie della Federazione di quanta ce ne sia in svariati Paesi nel mondo.
La Russia è un Paese prioritario per la nostra strategia di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese ed è per noi un partner economico e commerciale imprescindibile con un interscambio che nell’ultimo anno ha superato i 21 miliardi di euro e un potenziale di incremento del nostro export del 5% per i prossimi tre anni.
La Russia è il nostro primo fornitore di gas naturale e il nostro quinto fornitore di petrolio greggio. L’Italia è quindi il ponte naturale tra la Russia (e la sua sfera di influenza) e l’Unione Europea.
Questo ruolo, tra le altre cose, è testimoniato dalla nostra presenza massiccia e qualificata al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo che, oltre alla mia presenza politica, vede la partecipazione di tutte le più significative aziende italiane e della loro filiera di piccole e medie imprese.
Oltre ai settori cardine come l’energia e le infrastrutture (che rimangono strategici), il nostro nuovo approccio bilaterale punta decisamente all’innovazione, al digitale e all’industria meccanica altamente specializzata. In questi settori c’è un enorme potenziale ancora inespresso: dalle “smart grid” (gestione digitalizzata delle reti di distribuzione elettrica) al trasporto “intelligente”, dalla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione alle reti wi-fi cittadine.
Esistono ben 272 intese tecniche sottoscritte tra nostre istituzioni accademiche e università russe in materie scientifiche e sono numerose ormai le start-up italiane che partecipano alle opportunità offerte dagli incubatori d’impresa che, come “Skolkovo”, beneficiano di intese bilaterali. Tutto questo avviene in un clima internazionale che avrebbe chiaramente bisogno di un cambio di passo, di una ridefinizione dei quadri normativi a garanzia del multilateralismo e del rispetto dei principi cardine dell’ordine mondiale ovvero “predictability” e “rules based system” (prevedibilità delle scelte politiche e sistema basato su regole certe).
In questo clima caotico la nostra Italia, storicamente e fieramente centrata nell’Unione Europea e nell’Alleanza Atlantica, sta giocando un ruolo da mediatrice nell’equilibrio tra Occidente e Oriente. Come ha detto giustamente il Presidente Putin in un’intervista rilasciata ieri, l’Italia “fa parte di NATO e UE ma fra di noi c’è un rapporto speciale”. Rapporto che va protetto orientando anche l’Unione Europea ad un approccio più oggettivo nel fact-checking, nel monitoraggio e, in generale, in tutte le attività propedeutiche al rinnovo del regime sanzionatorio. È insensato, ad esempio, che il cosiddetto “Formato di Normandia”, che ha il compito di monitorare l’attuazione degli accordi di Minsk, sia composto esclusivamente da Francia e Germania (oltre a Russia e Ucraina ovviamente), l’Italia poteva e doveva farne parte.
La nuova Unione Europea dovrà porsi anche questa domanda: di chi stiamo coltivando gli interessi facendo muro contro muro con un partner strategico come la Federazione Russa? Dalla risposta che si darà potrebbero cambiare tante carte in tavola e quelle carte, questa volta, le servirà anche la nostra nuova Italia. Avanti così.