I profitti, gli incassi e il tornaconto personale non possono calpestare il rispetto per chi lavora e si spacca la schiena. Oggi ci è toccato leggere un altro attacco gratuito al Reddito di cittadinanza. Il titolare di un bar sostiene di non riuscire a trovare più baristi: per lui è colpa del Reddito. Mentre spara su uno strumento che offre un’opportunità a milioni di italiani in difficoltà, il titolare non viene sfiorato nemmeno per un secondo da dubbi rispetto alla qualità della sua offerta di lavoro.
Secondo quanto si legge propone 800 euro al mese per 8 ore di lavoro al giorno di media (10 o 6 ore al giorno in base al turno). Considerando almeno un riposo settimanale non arriviamo nemmeno a 5 euro l’ora. Ma con le mance, dice, si arriva anche a 1200 euro al mese. Quindi le mance sono retribuzione? Il titolare sostiene anche di non poter alzare gli stipendi altrimenti aumentano i prezzi e si perdono clienti. Questa è la fotografia di un’Italia fondata sul precariato, in cui per fare profitto ci si aspetta che tanti giovani si prendano a gomitate in una guerra fra poveri al ribasso.
Per paghe che non permettono di progettare un futuro. E se rifiuti sei un fannullone, se non vai al colloquio altri prenderanno il tuo posto. A chi interessa se il barista, dopo una giornata a fare caffè, esausto, non riesce nemmeno a pagare la rata del mutuo, l’affitto, a comprare a suo figlio il regalo che desidera da tanto? Per questo abbiamo proposto la legge sul salario minimo: sotto i 9 euro lordi l’ora non si scende. Una proposta che ora può procedere spedita per diventare legge, producendo un incremento di retribuzione per 2,9 milioni di lavoratori. Non possiamo più attendere, siamo un muro per chi gioca con la dignità di chi lavora.