Fatturati crescenti e utili a valanga; investimenti costantemente in calo, in primo luogo in Italia.
E’ soprattutto da questo confronto che emerge la “cifra” del privilegio economico che ha ingrassato Atlantia, la holding controllata dai Benetton che gestisce buona parte delle rete autostradale italiana. Un privilegio servito su un piatto d’argento da un sistema più che ventennale e di fatto imposto ai cittadini italiani, che però non hanno visto ritornare i loro soldi in investimenti e in contenimento dei pedaggi. Anzi.
Partiamo da una veloce panoramica delle principali performance economiche da quando esiste Atlantia, la holding che a partire dal 2007 ha raccolto i principali business della famiglia di Ponzano Veneto, in primis quello autostradale.
Nel 2006, ultimo anno prima dell’assunzione del nome Atlantia, i ricavi totali si attestavano sui 3,1 miliardi di euro, diventati 6,9 miliardi nel 2018 (ultimo bilancio disponibile), con un aumento del 122,5%. In totale in 13 anni Atlantia ha accumulato fatturati per 57,4 miliardi.
Questo trend è stato in buona parte supportato dall’andamento dei ricavi da pedaggio, da sempre la gallina dalle uova d’oro della famiglia: se nel 2006 ammontavano a 2,6 miliardi, nel 2018 arrivano a 5 miliardi, in aumento del 92,3%. Sempre nei tredici anni, quindi, i ricavi da pedaggio sono stati di ben 44,7 miliardi.
In tutto questo lasso di tempo gli utili del gruppo, al netto di qualche oscillazione, sono andati incrementando. Nel 2006 si partiva con 660 milioni per arrivare agli 1,1 miliardi del 2017 (+66,7%), con una flessione a 810 milioni nel 2018 (ultimo bilancio disponibile).
In totale, in 13 anni di esistenza, Atlantia si è portata a casa 10 miliardi secchi di utili, tutti a fare la felicità dei principali azionisti della holding.
E qui ci si domanda: a questa progressione di fatturati e utili ha fatto seguito un altrettanto importante impegno negli investimenti? A livello globale, sempre esaminando i bilanci, possiamo dire che gli investimenti complessivi sono rimasti in linea, dagli 1,17 miliardi del 2006 agli 1,12 del 2018: una leggera diminuzione, a ben vedere, che già potrebbe far riflettere, dato che nel corso degli anni è incredibilmente aumento il patrimonio infrastrutturale della società. Ma il dato, va sottolineato, è globale.
La situazione fa ancora più riflettere se si verificano ricavi e investimenti nelle attività autostradali italiane. I ricavi nel Belpaese sono passati dai 3,11 miliardi del 2006 ai 4 miliardi del 2018, con un incremento del 29%. Negli stessi anni, però, gli investimenti in Italia di Atlantia sono passati dagli 1,17 miliardi del 2006 ai 592 milioni del 2018, con una diminuzione del 49,5%.
Non solo, all’interno degli stessi investimenti operativi risulta in drastico calo la voce “altri investimenti”, che comprende le manutenzioni straordinarie. In questo caso si passa dai 397 milioni del 2006 ai 206 milioni del 2018, in calo del 48,1%.
Insomma, nelle autostrade di bilancio, se così si può dire, il fatturato di Atlantia è andato su, mentre gli investimenti sono costantemente andati giù.
SPENDI E SPANDI
Stante questo trend di investimenti decrescenti, può essere parallelamente interessante vedere quanto ha speso Atlantia per fare shopping all’estero, facendo leva sui ricchi incassi derivanti dai pedaggi, soprattutto quelli pagati dagli italiani.
Il bilancio 2018, per dire, certifica che in quell’anno il flusso di risorse dedicate è stato di 29,3 miliardi per l’acquisto del controllo di Abertis, incluso l’indebitamento apportato per 12,7 miliardi. A questa cifra si aggiungono 2,4 miliardi per l’acquisto del 23,8% di Hochtief e 1 miliardo di euro per l’acquisto del 15% del tunnel sotto la Manica.
Il bilancio del 2016, invece, certifica un esborso di 1,36 miliardi per l’acquisto degli aeroporti della Costa Azzurra.
Insomma, una montagna di soldi per fare shopping all’estero, coi soldi degli italiani.