Qualcuno aveva già prefigurato lo scenario: lo Stato mette i soldi per ammodernare e sviluppare dighe e infrastrutture idriche al Sud e alcuni gruppi privati si avventano come avvoltoi su fondi e cantieri. Ora però, grazie al lavoro che abbiamo fatto in legge di Bilancio, questi signori dovranno riavvolgere il nastro, perché va in onda un altro film. Grazie a un emendamento di maggioranza presentato al Senato abbiamo blindato ulteriormente la società che sostituirà la ex Eipli nella gestione degli investimenti per infrastrutture idriche in gran parte del Mezzogiorno.
Un risultato che rappresenta un’altra importante tappa di avvicinamento alla gestione pubblica dell’acqua in tutto il Paese.
Ma andiamo per ordine. L’Eipli avrebbe dovuto occuparsi di gestione e manutenzione delle opere, agendo come fornitore all’ingrosso di acqua non trattata per uso potabile, irriguo e industriale in Puglia, Basilicata, Calabria e Campania. La gestione clientelare dell’ente, insieme al mancato pagamento della fornitura idrica da parte di molti dei destinatari, ha indebitato lo stesso lasciando in abbandono le infrastrutture che avrebbe dovuto gestire.
Nel 2011 il governo Monti decise di mettere in liquidazione Eipli, ma in 8 anni questo processo non è mai stato completato. La legge di bilancio 2018 (governo Gentiloni) ha previsto che nascesse una società per azioni (e non un ente pubblico) per sostituirlo, con l’idea di dar vita alla più grande privatizzazione dell’acqua in Europa: i privati ancora una volta l’avrebbero fatta da padroni e lo Stato avrebbe ancora una volta abdicato al suo fondamentale ruolo di gestore dei servizi di pubblica utilità, come l’acqua. Insomma, si era innescato un processo del tutto in contrasto con la nostra stella dell’acqua pubblica e fin dai primi giorni di questa legislatura abbiamo fatto di tutto per bloccarlo.
Lo scorso giugno un nostro emendamento al Decreto Crescita ha messo un primo freno mettendo in mano pubblica la nuova società che sostituirà Eipli, e ora con un emendamento alla manovra già approvata in Senato, abbiamo previsto che non solo sarà una società a totale capitale pubblico, sottoposta all’indirizzo e al controllo analogo degli enti pubblici soci, ma che è espressamente vietata la partecipazione di soggetti privati, anche indiretta o a seguito di conferimento ed emissione di nuove azioni, anche prive di diritto di voto.
Insomma, se qualcuno pensava di acquisire in qualche modo quote di partecipazione della nuova società per poterne orientare le scelte strategiche e determinare le sorti dei suoi investimenti a proprio piacimento, ora dovrà ricredersi. La pressione di chi voleva andare in questa direzione è stata forte anche nelle ultime settimane: alcune testate economiche che sono riuscite a pubblicare come un mantra più volte lo stesso articolo che dava quasi per scontata la partecipazione dei privati alla società nei 10 giorni in cui si trattavano gli emendamenti alla legge di Bilancio.
Ma ci siamo trovati compatti a difendere la proprietà e il controllo pubblico della nuova società, le cui quote restano in mano al Ministero dell’Economia e in prospettiva agli enti locali interessati: sarà vigilata dallo Stato e opererà per garantire il diritto all’acqua e la manutenzione delle infrastrutture che la portano nelle nostre città, a beneficio esclusivo dei cittadini.
Abbiamo insomma messo in campo un soggetto industrialmente forte che dovrà essere subito operativo per bloccare la vergogna delle reti colabrodo e garantire l’acqua a tutti 365 giorni l’anno.
Ogni euro delle nostre tasse sarà orientato a questo obiettivo e neanche un centesimo finirà nelle tasche di soggetti privati sotto forma di dividendi.
Ora continueremo a lavorare sodo per estendere questo risultato alla gestione delle risorse idriche in tutto il Paese: in Parlamento e nei territori dobbiamo far sentire la nostra voce far brillare la prima stella del MoVimento e approvare la legge sull’acqua pubblica.