Non so chi abbia passato false informazioni al giornalista Federico Fubini del Corriere (anche se si può dedurre facilmente), autore di un articolo dal titolo “La caduta dell’export. E manca ancora una Cabina di Regia”. Ciò che invece so benissimo è che articoli pieni di falsità come questo non fanno il bene della nostra amata Italia perché non si limitano a voler danneggiare l’immagine mia o del Ministro Di Maio (cosa che ormai ci scivola addosso), ma danneggiano la credibilità del nostro Paese verso i suoi partner commerciali. Un vero e proprio fenomeno di sciacallaggio, oltreché di dannoso pressapochismo giornalistico. Adesso vi spiego il perché.
Partiamo dal titolo che in un sol colpo dice due cose false.
L’export italiano non è affatto in caduta, anzi, è il settore del Paese che traina l’economia con un trend in continua crescita, dato che confermiamo anche nei primi 11 mesi del 2019 dove l’aumento, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è stato del 3.6% (dati ISTAT, tabella in immagine). Se non è stato mal consigliato, Fubini è incappato in un grossolano errore, come potrà lui stesso verificare, scambiando i dati relativi al solo mese di novembre (2019 su 2018) per quelli relativi all’intero 2019 sul 2018 (gen-nov). Dunque le stesse tabelle consultate da Fubini danno l’export italiano in aumento del +3,6%. Ancora più grossolana la bugia sull’assenza di una cabina di regia visto che in data 20 dicembre 2019 si è tenuta in Farnesina proprio la “Cabina di Regia per l’Italia internazionale” copresieduta dal Ministro Di Maio e dal Ministro Patuanelli (entrambi M5S) e alla presenza della Ministra Bellanova (IV) oltre che di una cinquantina tra Agenzie di Stato, operatori del settore e altri membri del governo italiano. Cabina che ha portato alla presentazione di un documento strategico interministeriale.
Il corpo dell’articolo poi, è pieno di allusioni quanto più possibile distanti dalla realtà:
“IL GOVERNO NON DIFENDE LE IMPRESE DAZIATE”
FALSO. Per contrastare gli effetti della prima tornata di dazi il Ministero degli Affari Esteri (guidato dal M5S) ha lanciato proposte a Bruxelles per favorire iniziative promozionali rafforzate (che verrebbero finanziate in via eccezionale dalla UE) e iniziative di Politica Agricola Comune oltre a iniziative speciali da parte dell’Istituto Commercio Estero come quella, direi epocale, di prevedere la gratuità di diversi servizi, tipicamente a pagamento, per le aziende sotto i 100 dipendenti (praticamente la gran parte delle italiane). Non dimentichiamoci, in ogni caso, che la competenza in tema di commercio internazionale è in capo alla Commissione UE e che in casi del genere la libertà di manovra degli Stati membri è purtroppo limitata.
“SE TRUMP NON CI COINVOLGE IN IRAN FIGURIAMOCI SUL COMMERCIO”
NONSENSE. In primis perché le crisi in politica estera si gestiscono a livello bilaterale (in questo caso gli USA hanno meramente informato i P5+1 e per di più solo a cose fatte), mentre le iniziative USA in materia commerciale sono rivolte verso l’UE nel suo complesso (e infatti è l’UE che è stata condannata dal WTO per violazione della normativa sugli aiuti di Stato ad Airbus). In secundis perché la storia recente dimostra esattamente il contrario visto che, nella prima tornata di dazi di ottobre, l’Italia è stata colpita in misura marginale rispetto ad altri Paesi UE proprio grazie al lavoro politico del primo Governo Conte con il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America e alla nostra vicinanza politica con Washington; ed è probabile che la decisione questa volta di includere altri prodotti italiani come il vino, sia dettata da una ragione meramente aritmetica dell’amministrazione Trump, quella di limitare il grande disavanzo commerciale nei nostri confronti, checché ne dica Fubini.
“DI STEFANO È OSTILE AL LIBERO SCAMBIO”
FALSO. La mia posizione sul commercio estero, che è poi necessariamente la stessa del Movimento 5 Stelle, principale forza parlamentare, maggiore azionista di maggioranza di Governo e forza che esprime l’attuale Ministro degli Esteri, ossia l’autorità nazionale delegata alla gestione dei dossier del commercio internazionale, è totalmente non ideologica. Abbiamo per esempio sostenuto accordi con Giappone, Corea e altre partnership già chiuse e in via di negoziato. Riteniamo però che ogni negoziazione e firma di FTA debba passare da una rigorosa valutazione di tipo tecnico che includa anche l’impatto economico e territoriale di ogni singola clausola. Non dimentichiamo che ogni FTA, nell’accrescere sì il volume complessivo dell’interscambio tra Stati partecipanti all’accordo, produce tuttavia vincitori e vinti all’interno di ogni singolo Stato. Questo lo si studia su qualsiasi manuale di commercio internazionale. È compito della politica far sì che l’impatto complessivo derivante da un FTA sia sempre socialmente sostenibile e non alimenti diseguaglianze. Questi accordi, inoltre, non comprendono più solo il mero commercio di beni, ma si estendono ormai anche ad altri ambiti, come i servizi, gli investimenti e persino la risoluzione delle controversie con meccanismi pericolosissimi come l’ISDS, una vera e propria minaccia per gli interessi complessivi del Sistema Paese.
In ultimo, capisco il continuo gioco mediatico del far passare gli esponenti del M5S come incapaci al cospetto degli altrui fenomeni, ma questi dati di cui vi ho parlato nascono proprio da due anni di mio lavoro costante e certosino da delegato all’internazionalizzazione in Farnesina e di riforme del Ministro Di Maio quando dirigeva il MISE. Non abbiamo certamente atteso la venuta del Salvatore per occuparci di commercio, tantomeno ce ne serve uno, ma in uno spirito di sana collaborazione di governo utilizziamo tutte le risorse disponibili per raggiungere, insieme, l’obiettivo principale che è quello di difendere gli interessi nazionali.
Peccato che lo stesso interesse non lo coltivi la stampa italiana, o chi la imbecca, che dovrebbe limitarsi a fare il suo mestiere: dire la verità.