Da Italia Viva a tutto il centrodestra, passando per Confindustria, in queste ore si accumula la lista degli avvocati difensori di Autostrade per l’Italia. A conferma della tradizione tutta italiana che vuole sempre parte della politica impegnata strenuamente a difendere l’indifendibile.
Pur di mascherare le gravissime inadempienze della controllata di Atlantia, lor signori arrivano a tratteggiare i Benetton come una caritatevole e misericordiosa famiglia che nell’ultimo ventennio ha gestito un’opera pia. Non una holding che, grazie a una politica connivente e molto spesso prona, ha incassato miliardi di euro su miliardi diminuendo anno dopo anno gli investimenti. Una levata di scudi sfacciata e per nulla disinteressata di fronte allo scenario inesorabile della revoca della concessione.
Nonostante i quattro filoni d’inchiesta aperti dai giudici, a partire da quello sul ponte Morandi di Genova.
Nonostante le 188 pagine al vetriolo della Corte dei Conti, di cui vi abbiamo dato conto qualche giorno fa su questo Blog, che sostanzialmente smontano punto per punto tutto il sistema delle concessioni degli ultimi vent’anni a partire da quell’empia convenzione datata 1997, quando ancora la privatizzazione dell’allora Società Autostrade non era ancora completata. Nonostante il dossier del ministero delle Infrastrutture, non di quei rompiscatole del M5s, inviato ad Aspi i primi di novembre. Dossier nel quale la Commissione permanente per le gallerie del Mit sostanzialmente respinge la documentazione di Aspi sulle oltre cento gallerie (105 per la precisione) non a norma lungo i 2900 chilometri gestiti dai Benetton (sono circa 200, secondo il Mit, i tunnel con irregolarità su tutta la rete nazionale).
Questo documento, reso noto qualche giorno fa sull’onda lunga dell’inquietante crollo di fine anno all’interno della galleria Berté sulla A26 Genova-Gravellona Toce, è stato minimizzato dalla stessa Aspi e da tutto il battaglione di avvocati difensori che ogni giorno, dentro e fuori il Parlamento, ne difendono le ragioni (e le casseforti).
Eppure carta canta. Se in queste gallerie non si evidenziano particolari criticità strutturali, le irregolarità sono svariate.
E’ la stessa Aspi ad ammetterlo, con gli incartamenti con i quali ha chiesto un regime transitorio e una proroga fino al 2022 per fare i dovuti interventi di messa a norma. Assenza di impermeabilizzazione, di corsie di emergenza e vie di fuga (in ben 32 casi), di sensori di rilevamento dei fumi e sistemi di allarme antincendio, di apparecchi di videosorveglianza o di sistemi di sicurezza adeguati. In 44 casi non ci sono neanche i requisiti richiesti in termini di illuminazione.
A quasi 13 anni dall’adozione del decreto che ha sancito il “diktat” dell’adeguamento alle norme europee, si può dire che anche su questo fronte Autostrade è inadempiente. Quale sia stata la causa di tale ritardo nella mossa a norma non è ben chiaro, visto il tanto tempo a disposizione della società (oltre alle ingenti risorse economiche accumulate grazie agli aumenti dei pedaggi). Resta il fatto che la commissione ha intimato ad Aspi di procedere ai lavori “con ogni urgenza del caso” e di non far leva sulla scusante dei costi perché “la sicurezza è un valore che non ammette condizioni e va garantita a prescindere”. In più, ha prescritto ad Aspi alcune misure per limitare al massimo i rischi, come sorveglianza h24 da remoto, limitazione alla circolazione e a mezzi che trasportano merci pericolose e altre disposizioni varie.
Mentre i lamentosi difensori dei Benetton gridano al reato di lesa maestà appena si nomina la parola revoca, l’elenco delle falle e delle inadempienze di Aspi continua ad aumentare. E questa sulla messa a norma delle gallerie non è una mancanza meno grave delle altre. Soprattutto perché i Benetton hanno avuto quasi tre lustri per fare lavori decisamente alla portata delle loro rigonfie casse.