Nei prossimi anni quasi tutti gli analisti prevedono un radicale cambiamento nel settore dei trasporti privati, guidato principalmente dalla necessità di abbattere le emissioni di gas climalteranti a livello globale e di ridurre la quantità di inquinanti locali generati dalla combustione, soprattutto nelle grandi aree metropolitane.
La tecnologia che si sta imponendo più velocemente sui mercati internazionali è l’auto elettrica: nel nostro Paese si prevede una diffusione importante nel prossimo futuro, fino ad arrivare al 2030 ad avere un parco circolante costituito da circa 6 milioni di vetture totalmente elettriche o ibride plug-in, vale a dire collegabili alla rete elettrica per la ricarica della batterie. Queste ultime rappresentano una delle componenti principali dell’auto elettrica in quanto forniscono l’energia necessaria alla propulsione ed influenzano una serie di caratteristiche del veicolo, tra cui ad esempio l’autonomia o il peso stesso.
La rapida diffusione delle vetture elettriche dovrà essere accompagnata da uno sviluppo dell’infrastruttura dei punti di ricarica, noti come “colonnine di ricarica”, e della rete di distribuzione elettrica, per gestire i nuovi flussi energetici connessi.
Questa situazione determinerà un aggravio per la rete o potranno nascere delle opportunità in grado di rendere l’intero sistema più stabile e resiliente, ovvero in grado di rispondere alle mutevoli condizioni di esercizio?
Una delle risposte a questa domanda è data dall’opportunità di poter sfruttare proprio le batterie delle auto elettriche non solo per immagazzinare l’energia per la ricarica, in prelievo dalla rete, ma anche per regolare la domanda di energia o consentire di restituire la stessa alla rete, al fine di erogare dei servizi nell’ambito del dispacciamento del sistema elettrico.
Con questa tecnologia, denominata Vehicle to Grid, quando il veicolo è fermo, è possibile offrire servizi di stabilizzazione e ottimizzazione dei flussi energetici o alimentare i carichi elettrici delle abitazioni, degli uffici, delle attività commerciali e delle aziende.
La colonnina di ricarica abilitata al servizio Vehicle to Grid (V2G) deve consentire flussi bidirezionali di energia, così come l’auto, mentre nella sola modalità di stabilizzazione della domanda (Demand Response o V1G) sarà sufficiente un protocollo di comunicazione tra colonnina e veicolo per la regolazione della quantità di energia assorbita in fase di sola ricarica. Un soggetto, denominato “aggregatore”, operando su più colonnine in contemporanea cui sono connesse delle auto abilitate al servizio, permetterà di raggiungere la potenza e l’energia minima necessaria per fornire i servizi al gestore della rete.
Per i proprietari delle auto, potrà esserci anche un vantaggio di natura economica: i servizi forniti alla rete sono molto preziosi e ben remunerati. Ciò potrebbe consentire una riduzione dei costi utilizzo della vettura, non solo per i privati ma anche in un contesto aziendale, come per esempio nel caso delle flotte.
Incrementare il numero di veicoli in grado di offrire tali servizi costituirà un importante tassello per la gestione delle reti elettriche con una forte penetrazione di fonti rinnovabili non programmabili, come eolico e solare, per una buona integrazione tra settori diversi e per la decarbonizzazione.
L’Italia è in prima fila nello sviluppo del Vehicle to Grid: nel 2019, la società RSE ha avviato la sperimentazione grazie ad un accordo con ENEL X e Nissan con l’obiettivo di raccogliere dati, monitorare il comportamento delle batterie, testare gli algoritmi e rendere maggiormente efficiente il sistema.
A conferma del grande impegno nello sviluppo della tecnologia e della volontà di dare un impulso all’integrazione dei veicoli elettrici con la rete, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del 30 gennaio 2020 con il quale sono definite le modalità di partecipazione al mercato dei servizi elettrici e le misure di compensazione dei costi per la realizzazione delle infrastrutture abilitate al Vehicle to Grid.