Nei mesi che hanno preceduto lo scoppio della pandemia uno dei temi principali a livello globale era la crisi ambientale. Un problema reale che si è consolidato nell’immaginario collettivo con la conseguente riduzione dell’inquinamento, come hanno dimostrato alcuni filmati di specchi d’acqua limpidi e che hanno fatto il giro del mondo.
Il Wwf proprio in questi giorni ha ricordato le maggiori emergenze degli ultimi 18 mesi. Si passa dall’allarme lanciato da uno studio tedesco che ha dimostrato come in 27 anni ci sia stata la riduzione del 75% degli insetti, al rapporto globale sulla biodiversità dell’Ipbes dell’Onu che ha sottolineato come il 75% dell’ambiente terrestre e il 66% di quello marino sono state fortemente modificate dall’uomo. Tra le catastrofi che ci hanno accompagnato in questi mesi come non ricordare gli incendi in Australia, Brasile, Siberia che hanno devastato migliaia di ettari di boschi?
L’elenco delle catastrofi ambientali è molto lungo, ormai da molti anni.
I media nel tempo hanno contribuito a creare un immaginario collettivo di ambiente e della sua tutela mostrando immagini di incendi, scioglimento dei ghiacciai artici, inquinamento del mare o di fiumi. Esistono però altri fattori che incidono negativamente sull’ambiente, pensiamo all’industria della moda. La fast fashion, per esempio, permette al consumatore di vestirsi a un costo molto basso ma immensamente alto per il pianeta. Un coinvolgimento diretto, quello di questa industria, che parte dalla fase di produzione a quella del lavaggio – considerando gli ftalati, il materiale plastico di cui sono composti gli adesivi di moltissime T-shirt – a quello dello smaltimento.
Un esempio importante quest’ultimo perché ci fa capire il ruolo che gioca il consumatore e di quanto dall’altra si debba sviluppare e si deve puntare su una politica di rigenerazione delle fibre e sull’economia circolare del riuso dei materiali.
Come consumatori tutti noi nei prossimi anni saremo coinvolti direttamente nel fare scelte importanti.
La spinta propulsiva nel difendere il nostro habitat, i nostri territori, le nostre città oggi più che mai, in questo scenario post Covid, non deve e non può mancare. Tantissimi ragazzi proprio oggi si riverseranno nelle nostre strade, in oltre 30 città, per ribadire questi concetti, manifestando in favore della tutela dell’ambiente.
I percorsi virtuosi messi in moto dal nostro governo e dal MoVimento 5 Stelle, dal plastic free all’End Of Waste, dal “bonus bici” al super ecobonus del 110% per l’efficientamento energetico dei nostri edifici, rappresentano l’inizio di un percorso che il nostro Paese attendeva da anni. L’Italia finalmente diventa un modello di buone pratiche, abbandonando i vecchi clichè degli ultimi anni.
Abbiamo cambiato rotta ed è solo l’inizio. Un cambio di passo necessario per ridurre le emissioni dei gas climalteranti ed evitare, nei prossimi decenni, conseguenze catastrofiche.
Citando lo scrittore Kim Stanley Robinson: “Il futuro non ha imboccato una strada obbligata. Tutt’altro. Potremo scatenare la sesta grande estinzione di massa nella storia della Terra, ma potremo anche creare una civiltà prospera e sostenibile nel lungo periodo. Entrambe le alternative sono possibili a partire da adesso”.