Un’emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo per il Covid-19 lascia delle cicatrici profonde. Abbiamo perso amici, familiari. Abbiamo visto i mezzi militari portare fuori da Bergamo le salme. Persone che non ce l’hanno fatta. Ci siamo chiusi in casa per due mesi. Abbiamo visto gli operatori sanitari combattere una vera e propria guerra con coraggio e abnegazione.
Ma da un’emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo abbiamo anche l’obbligo di imparare qualcosa. Dobbiamo imparare, per esempio, che non dovranno più esserci tagli in sanità, dopo i 37 miliardi che la sanità ha perso negli ultimi dieci anni. Una battaglia che il MoVimento 5 Stelle porta avanti da quando è al governo.
Dobbiamo imparare che la vera sfida per potenziare il nostro Servizio sanitario nazionale è puntare sulla medicina del territorio, in modo da alleggerire i nostri ospedali. Per questo nel decreto Rilancio non solo si assumono 9.600 infermieri e si istituisce l’infermiere di famiglia, ma si punta alle Usca. Cosa sono le Usca?
Unità speciali di continuità assistenziali che hanno il compito di gestire i pazienti al livello domiciliare. Parliamo dei pazienti Covid-19. Qual è la cosa più importante? Deospedalizzare. Perché curare a casa, i malati Covid-19 che non necessitano cure ospedaliere, così come i malati cronici, non solo fa in modo che i nostri ospedali possano dedicarsi a chi ne ha più bisogno, con un ingente risparmio economico, ma garantisce anche cure migliori, più continuative, un’assistenza domiciliare si traduce nel restare a casa proprio con un Servizio sanitario nazionale “tagliato su misura”.
E così nel decreto Rilancio le Usca vengono potenziate con specialisti convenzionati proprio per la sorveglianza attiva. Per il 2020 ci sono 61 milioni di euro. È un modello nato per rispondere all’emergenza Covid-19. È un modello virtuoso nato in emergenza ma che deve diventare la base da sviluppare e potenziare, anche grazie alla telemedicina, per non lasciare soli i pazienti.