Quaranta anni fa, il 2 agosto 1980, una bomba potentissima esplodeva nella stazione ferroviaria di Bologna. Sotto le macerie i cadaveri straziati di 85 persone e 207 feriti, 70 dei quali rimarranno invalidi.
Fu il peggiore attentato della storia dell’Italia repubblicana. Una strage terroristica eversiva “organizzata dai vertici della loggia massonica P2, protetta dai vertici dei servizi segreti italiani, eseguita da terroristi fascisti”, come scrivono oggi i familiari delle vittime.
Conosciamo i nomi dell’organizzatore della strage, l’ormai defunto capo della della loggia P2 Licio Gelli che – come risultato quest’anno dalla conclusione di un filone dell’inchiesta della Procura generale di Bologna sui mandanti – agì in concorso con il suo braccio destro il banchiere imprenditore Umberto Ortolani, con il capo dell’Ufficio affari riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato e con l’ex parlamentare missino e direttore del ‘Borghese’ Mario Tedeschi. Tutti morti anche loro.
Conosciamo i nomi di chi ha depistato le indagini: l’ex agente del Sismi e faccendiere Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte.
Conosciamo i nomi degli esecutori materiali dell’attentato, i terroristi neofascisti Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, ai quali potrebbe aggiungersi il ‘quinto uomo’ Paolo Bellini, recentemente inserito nelle indagini.
Non conosciamo ancora i nomi dei mandanti occulti, italiani e stranieri, della strage di Bologna. E non li conosceremo mai fino a quando non saranno desecretati tutti gli atti rilevanti, non solo quelli di scarso o nullo rilievo giudiziario resi pubblici finora.
Che senso ha il segreto di Stato davanti a una strage del genere dopo quarant’anni? Ci sono forse ancora in gioco interessi da nascondere e proteggere? Il Movimento 5 Stelle chiede di desecretare subito tutti gli atti relativi all’attentato: lo dobbiamo alle famiglie delle vittime e a tutti coloro che hanno difeso la democrazia nel nostro Paese.