Al momento di scrivere il titolo mi sono posto la domanda se porre o meno l’aggettivo “nuove” prima di “opportunità” in quanto la novità tende sempre ad attrarre maggiore interesse. Ho deciso invece di non inserirlo perchè moltissime cose di cui ci occuperemo nelle prossime ricerche non sono nuove ma sono state semplicemente non sfruttate o non utilizzate al meglio dalle imprese italiane, soprattutto quelle piccole e micro. Quello che è sicuramente cambiato, ed in meglio, è il clima operativo che un’azienda italiana ed europea oggi si trova ad affrontare quando si confronta con il mercato giapponese e, inoltre, credo che ci sia maggiore consapevolezza di come il paese del sol levante sia per molti verso la porta d’ingresso migliore per iniziare una strategia di espansione di successo nel continente asiatico.
Innanzi tutto cerchiamo di rispondere alla domanda sul perché un’azienda italiana che intende crescere anche (o soprattutto) attraverso le esportazioni, deve pensare all’Asia e al Giappone. É ormai abbastanza un luogo comune parlare di questo come il secolo dell’Asia, dove la crescita economica e l’influenza geopolitica cresce a ritmi molto superiori che ne resto del mondo. In effetti se nel 2000 l’Asia ha influito per il 32% del PIL globale in termini di parità di potere d’acquisto, questa percentuale è balzata al 42% nel 2017 e si prevede che raggiunga il 52% entro il 2040. Al contrario, la percentuale dell’Europa nello stesso periodo è diminuita dal 26 al 22% e quella dell’America settentrionale dal 25 al 18%. Tutti i flussi globali internazionali —commercio, capitali, persone, informazioni, trasporti, cultura, risorse ed ambiente — si stanno ormai spostando verso l’Asia a ritmi esponenziali.
Se quindi l’Asia è indubbiamente il mercato su cui puntare per i motivi suddetti, diventa però subito più difficile imbastire una strategia che possa funzionare in aree variegate che vanno dall’India alla Corea del Sud, dall’Indonesia alla Cina e dalla Tailandia alla Malesia. In questo il Giappone ci viene in grande soccorso per il suo ruolo ormai saldamente definito di società “faro” per le popolazioni dell’Asia, soprattutto per le generazioni dai cinquant’anni in giù che non devono in qualche modo gestire sentimenti nazionalistici e anti-giapponesi del periodo dell’occupazione tra le due guerra mondiali. La società giapponese e stata la prima in Asia a intraprendere lo stesso percorso di Italia e Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale fino a raggiungere a fine degli anni ottanta la seconda posizione tra i paesi più sviluppati. Oggi`è anche la prima società a sperimentare un forte processo di invecchiamento e le relative varie politiche necessarie a gestire un tale fenomeno sociale ed economico. Più concretamente, vediamo quali potrebbero essere dei macro-vantaggi competitivi che gli operatori economici italiani potrebbero sfruttare a loro vantaggio:
- il Giappone ha dimensioni “continentali” in termini di mercato sia per popolazione (124 milioni di abitanti) che per reddito spendibile
- è stato il primo paese asiatico ad intraprendere con successo il percorso di sviluppo post-bellico arrivando anche ad essere la seconda potenza economica mondiale
- è considerato un paese di tendenza tra i giovani asiatici (e non solo) grazie agli effetti della campagna “cool Japan” che ha reso il Giappone una meta turistica ambitissima da circa 35-40 milioni di visitatori all’anno (dati pre-Covid-19)
- il Giappone sta anticipando i macro-trends relativi all’invecchiamento della popolazione e sta facendo emergere anche i lati positivi dell’invecchiamento che, in Giappone, significa vivere più a lungo ma anche meglio
- la reputazione dell’Italia e particolarmente elevata grazie al veicolo “cultura”. In altre parole i Giapponesi conosco dell’Italia i lati migliori mentre la lontananza li ha isolato dalla cronaca di tutti i giorni e dalle problematiche socio-economiche
Scendendo un po’ più nel dettaglio della percezione che risulta molto importante quando si presenta un prodotto o un servizio sul mercato, la Camera di Commercio Italiana in Giappone ha recentemente eseguito un sondaggio per valutare la percezione tra i consumatori del Made-in-Italy rispetto ai prodotti di altre aree economiche del mondo. I risultati, confermano che la percezione è buonissima, correttamente centrata sugli attributi di forza del Made-in-Italy anche se, recentemente, l’immagine generale è un po’ spostata verso il tradizionale di fatto rendendo le nostre produzioni, soprattutto quelle ad alto contenuto creativo e di design, più adatte ad un consumatore maturo.
Questo tuttavia non risulta essere particolarmente penalizzante al momento in quanto proprio le fasce di consumatori maturi sono quelle più popolate in Giappone e anche quelle a più elevato potere d’acquisto. Il problema si potrà porre in futuro al momento di dover sostituire un consumatore anziano che esca dal ciclo lavorativo con un consumatore di nuova generazione, venendo a mancare il rapporto 1:1 sia in termini demografici che di reddito disponibile.