Ma davvero c’è qualcuno che pensa che Camera e Senato con meno parlamentari possano funzionare peggio? A parte che a smentire questa bislacca ipotesi ci sono fior di costituzionalisti, basterebbe citare Onida, ma anche senza, ci si può arrivare attraverso un ragionamento logico.
Oggi Senato e Camera, in regime di bicameralismo perfetto, svolgono esattamente le stesse funzioni e legiferano sugli stessi provvedimenti. Eppure il Senato ha 315 senatori e la Camera 630, il doppio. Il Senato, basta guardare calendari dei lavori, resoconti, sedute di aula e commissione, non va mai in affanno. Riesce benissimo nel suo lavoro. Dunque la tesi di chi pensa che ci sarebbero problemi è senza senso. È vero invece il contrario. Il processo legislativo verrebbe molto semplificato.
Da molte parti si legge poi che i regolamenti parlamentari sono obsoleti. È vero. Sono stati scritti quando non solo non esistevano web, cellulari e computer, ma non esisteva addirittura neanche il fax. Forse di un ammodernamento ci sarebbe bisogno, ma è una questione che non si lega in alcun modo al taglio dei parlamentari se non nel senso di una ulteriore semplificazione dei processi sia legislativo che ispettivo.
Infine la rappresentanza. Come spiegano bene Onida e altri costituzionalisti, questa non dipende dalla Costituzione ma dalla legge elettorale. E negli ultimi decenni la legge elettorale ha premiato più la governabilità fino a quello che, appena sette anni fa, fu un clamoroso esempio di distorsione della rappresentanza stessa, un vero e proprio paradosso. A causa di una legge elettorale, il porcellum del leghista Calderoli, che premiava chi si univa in coalizione, una forza politica che si presentò da sola prese quasi 800000 voti, il 2,2%, e non elesse nessuno. Un’altra che conquistò lo 0,5% e 167000 voti, per il solo fatto di essere coalizzata, portò alla Camera ben 6 deputati. Allora furono in pochi a gridare allo scandalo.