Internet è una rivoluzione. Non un semplice prodotto che può aiutarci a vivere meglio la vita di sempre o a lavorare meglio nello stile di sempre. No. Internet deve, necessariamente, portare ad una vera e propria trasformazione radicale delle aziende, dei prodotti, delle relazioni umane e aziendali… Altrimenti il suo senso ne risulterà travisato e inespresso.
È questa, come scrive Renato Mannheimer nella prefazione di “Il web è morto, viva il web” (Pro Sources, 2001), l’idea forte che ispirava Gianroberto Casaleggio, che nel libro propone spunti di riflessione, lancia provocazioni forti, a volte moniti. Come a dire: attenti! Perché nella rivoluzione bisogna inserirsi con anticipo e con una presa di coscienza forte. Il cambiamento deve essere affrontato per tempo e nella convinzione che a cambiare non sarà solo la superficie, ma la sostanza delle cose.
Proprio per questo vogliamo regalarvi alcuni stralci di “Il web è morto, viva il web”. E per ricordare parte di quel pensiero, di quelle idee che lo hanno portato a fondare il MoVimento 5 Stelle e il suo cuore pulsante: il Progetto Rousseau.
Nel 1200 Internet non esisteva ancora, ma il mongolo Temugin, figlio di Jessugai e detto Gengis Khan, divenne il più grande conquistatore della Storia con l’applicazione di tecniche e principi che oggi sono necessari per competere nella Rete.
Temugin vinse i grandi imperi e i regni che dominavano il mondo nel 1200, a partire dall’Impero Cinese, e fece dell’Impero Mongolo l’area più estesa mai creata prima e dopo di lui.
Le grandi potenze sconfitte dai Mongoli erano apparentemente invulnerabili, ma tutte furono spazzate via in poco più di venti anni. L’analogia con le grandi aziende che credono che il brand e la loro organizzazione siano sufficienti per rimanere sul mercato è immediato, ed anche il periodo, dal punto di vista storico brevissimo, in cui i Mongoli si imposero deve far riflettere.
I Mongoli erano abilissimi cavalieri e potevano cavalcare senza fermarsi per giorni, su questa qualità Temugin basò l’organizzazione dei corrieri-dardo, cavalieri che gli portavano notizie dal suo sterminato impero. I corrieri-dardo erano protetti dall’imperatore e chiunque, pena la vita, doveva aiutarli nel loro viaggio. Temugin disponeva così sempre di un vantaggio sui suoi nemici: informazioni in tempo reale.
L’esercito mongolo era composto da formazioni autosufficienti di 100 uomini, dette sedi, guidate da capi tribù; le sedi a loro volta formavano gli hezake, gruppi di 1.000 uomini e i tuman gruppi di 10000 uomini. Ogni sede doveva essere sempre pronta a entrare in guerra e il capo tribù ne rispondeva con la propria persona; ogni sede provvedeva per il proprio sostentamento, per i cavalli e per le armi.
L’unità minima mongola è del tutto simile all’unità che si considera come ottimale nella Rete: 100 persone. Le similitudini sono anche nella delega totale data al capo tribù e nella gestione autonoma della sede: “empowerment” al posto del tradizionale “command and control”.
Temugin assegnava le responsabilità in base al merito e in modo immediato: ogni guerriero poteva aspirare a diventare capo, ma alla prima colpa chiunque veniva retrocesso. Temugin non era interessato al processo che aveva portato al merito o all’errore, ma solo al risultato e in base a questo decideva. Non ricorda in questo le tecniche di riposizionamento continuo sulla rete in base al feed back ricevuto dal mercato?
I Mongoli non uccidevano gli artigiani, gli artisti e gli scienziati dei popoli sconfitti, ma ne utilizzavano le conoscenze per rendere sempre più efficace la loro macchina da guerra e la gestione del loro vasto impero. Temugin si avvalse degli strumenti di assedio e della nafta ardente dei Saraceni e delle capacità organizzative dei dignitari Cinesi. I migliori talenti erano a sua disposizione. Senza talenti le aziende nella Rete non hanno alcun futuro e, pur non utilizzando i metodi mongoli, devono attirarli e trattenerli.
Il senso di comunità era fondamentale per i Mongoli, “per tutti i popoli viventi sotto le tende di feltro”. Temugin fece sentire ogni mongolo importante, superiore ad ogni altra gente. Il senso di appartenenza era totale. Il mongolo era rispettato e temuto all’esterno della sua comunità, qualunque fosse la sua posizione sociale. Nell’era della Rete solo il senso di comunità e appartenenza, il riconoscersi in valori comuni consentirà alle società di sopravvivere.
Gengis Khan ha cambiato la storia del mondo per sempre. Internet lo farà in modo più radicale e assoluto.