Ogni settimana con la rubrica “Conosciamo le grandi menti del nostro secolo” vi proponiamo i contenuti dei più importanti pensatori del nostro tempo per conoscere le loro idee, la loro storia e la loro visione del mondo e della società.
Joy Buolamwini, chiamata da molti “la poetessa del codice”, è una ricercatrice laureata al Massachusetts Institute of Technology che studia i bias algoritmici nei sistemi di visione del computer. Ha fondato la Algorithmic Justice League per creare un mondo con una tecnologia più etica e inclusiva. La tesi al MIT ha scoperto grandi distorsioni razziali e di genere nei servizi di Intelligenza Artificiale di aziende come Microsoft, IBM e Amazon. La sua ricerca è stata trattata in oltre 40 paesi, e ha sostenuto la necessità della giustizia algoritmica al World Economic Forum e alle Nazioni Unite.
Buolamwini fa parte del Global Tech Panel convocato dal vicepresidente della Commissione europea per consigliare i leader mondiali e i dirigenti tecnologici sui modi per ridurre i danni causati dall’Intelligenza Artificiale. Alla fine del 2018, in collaborazione con il Georgetown Law Center on Privacy and Technology, ha lanciato il Safe Face Pledge, il primo accordo di questo tipo che vieta l’applicazione letale della tecnologia di analisi e riconoscimento facciale.
Come comunicatore scientifico creativo, Buolamwini ha scritto op-ed sull’impatto dell’intelligenza artificiale per pubblicazioni come TIME Magazine e il New York Times. L’annuale Women’s Media Awards riconosce a Buolamwini il premio Carol Jenkins per il suo contributo nell’esplicitare lo sguardo codificato e il suo impatto sulla parità di genere, presentato dal Women’s Media Center, fondato da Jane Fonda, Robin Morgan e Gloria Steinem.
Borsista Rhodes e Fulbright Fellow, Buolamwini è stata riconosciuta da diversi osservatori autorrvoli, tra tra cui il Bloomberg 50, la Tech Review “35 under 35”, la BBC “100 Women”, il Forbes “Top 50 Women in Tech” (nella quale è risulta la più giovane), e il Forbes “30 under 30”. La rivista Fortune l’ha definita “la coscienza della rivoluzione AI”.
Ha conseguito due master all’Università di Oxford e al MIT e una laurea in informatica al Georgia Institute of Technology.